Übersetzung aus dem Italienischen:
Auf dem Jahrmarkt des Lebens:
Natur und Kultur in Anija Seedlers Zeichenkarussell
Ich lernte die Arbeit von Anija Seedler aus einer privilegierten Position heraus kennen, nämlich während ihrer Studienzeit in Italien am Teatro Comunale in Bologna vor nunmehr 10 Jahren. Eine brillante junge Künstlerin aus Dresden, die ein Stipendium als Kostümassistentin gewonnen hatte. Ich hatte auch das Vergnügen, ihre Arbeit zu sehen, eine der ersten konkreten künstlerischen Erfahrungen meines Lebens. Damals baute sie Kleider für ein Forschungstheater, arbeitete mit Draht und Hardware-Materialien und formte richtige Kulissen, die sich wie Flügel um die Körper der Schauspieler öffneten. Die Vorliebe für Schwarz und Weiß und eine raffinierte Spannung zu schematisch-geometrischen Formen verrieten sofort den Einfluss des Kubismus, der ersten russischen Avantgarde, aber vor allem des Bauhauses. Ihr Interesse an der Behandlung der volumetrischen Formen des Körpers hatte bereits die Fragmentierung der choreografischen Schritte des Tanzes und der Pantomime überschritten. Diese Kleider mussten dieser strukturellen Spannung folgen und ein mechanisch-ästhetisches Timing hervorheben, das für den Diskurs der Avantgarde typisch war. Ein Mehrwert an Schönheit, der das Gegengewicht zur zeitgenössischen Starrheit und Entfremdung bildete. Doch schon in diesen Arbeiten war eine weitere Wurzel zu spüren – denn Anija intervenierte auch fotografisch oder mit Aquarell- und Tuschezeichnungen in Bühnenbilder und Ballette. Es handelt sich um eine weniger futuristische, sondern eher uralte Arbeit, die in der Wiederholung von Bewegungen und der Anordnung von Körpern eine symbolische Erklärung findet: eine bereits strukturierte Märchenmetapher, in der sich Alice im Wunderland, die Gebrüder Grimm und der surrealistische Einfluss bestimmter verstörender Kulissen vermischen. Die armen oder recycelten Materialien bildeten die Grundlage für ein Werk der Wiederaneignung von sozialem Abfall sowie für die politische Entscheidung, auf den Straßenkünstlermessen und -festivals, an denen sie mit ihrem Partner, einem erfahrenen Jongleur, in ganz Europa teilnahm, an den Randgruppen zu arbeiten. Nach zehn Jahren und zwei Kindern hat ihre Arbeit eine schwebende und lyrische Richtung eingeschlagen. Nachdem sie die gebrochenen Linien der Posen und die barocke Science-Fiction-Deklination ihrer ersten Kostümproben aufgegeben hatte, kultivierte sie die zarte Linie der Illustration ihrer Kindheit, wobei sie ihre Leidenschaft für Choreografie und Zirkus nutzte. Der Zirkus als Metapher für das Leben ist auch der symbolische Ort eines inneren Karussells, in dem – wie in einer Art Arche Noah – die Tragödien der Gefangenschaft und des Schmerzes, aber auch die der Freude und des Wahnsinns eingeschlossen sind. Mit einem Wort, der Zirkus ist auch die derealisierende Erfahrung eines praktischen Nomadenlebens im globalen Zeitalter, das Überleben eines Ritus von Spezialisierungen und Berufen, die vom Aussterben bedroht sind, das Auffangbecken für die verwahrloste und desorientierende Menschlichkeit von Freakshows, aber auch für die grausame Zärtlichkeit eines eingesperrten Tieres oder die Kunstfertigkeit eines Trapezkünstlers, der die Erfahrung des Fliegens für unsere Augen leicht macht, wie ein Ballett der Seele, das im staunenden Unglauben eines Kinderauges schwebt. So lösten sich ihre Aquarelle bis zum Überlaufen auf – von den kleinen Postkarten, die sie zuvor für ihre Szenenskizzen bevorzugt hatte – in echte Wandteppiche, die fast so groß wie echte Tiere sind. Als wolle sie eine Art Maß für das Atmen der Geste finden, das der exotischen Größe eines Elefanten oder eines Gnus folgt. So entstand das fantastische Bestiarium ihrer illustrierten Plaketten, die sie selbst in kleinen Formaten herstellt, die sich wie eine Ziehharmonika öffnen lassen. Ihre Mitarbeit an zahlreichen Kinderbüchern bereichert dann diese spielerisch-märchenhafte Ader, die sich in einer Explosion von Farben mit warmen und nuancierten Tönen entlädt, die in den nebeneinander gestellten und kontrastierenden Kräften ihrer ersten Werke fehlen. Auch die Wahl der Motive – vom unendlich Großen bis zum unendlich Kleinen – unterstreicht einen anderen Blickwinkel, der selbst das stille Leben eines Insekts zutiefst poetisch erscheinen lässt.
Alla fiera della vita:
natura e cultura nelle giostra segniche di Anija Seedler
Ho conosciuto il lavoro di Anija Seedler da una posizione privilegiata, durante il periodo del suo studio in Italia al teatro comunale di Bologna, ormai circa 10 anni fa. Una giovane e brillante artista di Dresda, che aveva vinto una borsa di studio come assistente costumista. Ho anche avuto il piacere di vederla lavorare, una delle prime esperienze artistiche concrete della mia vita. Costruiva, in quel periodo, vestiti per uno spettacolo di teatro di ricerca, lavorando fili di ferro e materiali da ferramenta, scolpendo vere e proprie scenografie che si aprivano come quinte attorno al corpo degli attori. La predilezione per il bianco e nero e una raffinata tensione verso le forme schematico-geometriche, tradiva subito l´influenza del cubismo, delle prime avanguardie russe, ma sopratutto della bauhaus. L´interesse per la trattazione delle forme volumetriche del corpo aveva gia incrociato la frammentazione die passi coreografici della danza e della performance mimica. Questi abiti dovevano seguire tale tensione strutturale, evidenziando una tempistica meccanico-estetica tipica del discorso dell´avantgardia. Un plusvalore di bellezza che rendeva il contraltare della rigiditá e dell´alienazione contemporanea.Ciononostante giá in questi lavori era forte – poiché Anija interveniva anche fotografando o facendo schizzi di acquerello e china delle messe in scene e die balletti – il senso di una radice ulteriore, meno futuristica e piu ancestrale, che troveva una spiegazione simbolica nella reiterazione die movimenti e nella disposizione die corpi: una metafora favolistica giá strutturata, in cui si mescolavano Alice nel paese delle meraviglie, i fratelli Grimm e l´influsso surrealista di certe ambientazioni perturbanti. I materiali poveri o di recupero erano la base fondante di un lavoro di riappropriazione degli scarti sociali, cosi come la scelta politica di lavorare sulle marginalitá, nelle fiere e nei festival die buskers cui prendeva parte in giro per l´europa con il suo compagno, esperto giocoliere. Dopo dieci anni e due figli, il suo lavoro ha preso una direzione sospesa e lirica. Abbandonate le linee spezzate delle pose e la declinazione da fantascienza barocca delle sue prime prove costumistiche, ha coltivato la linea delicata dell´illustrazione per l´infanzia, facendo tesoro della sua passione per le coreografie e per il circo. Il circo come metafora della vita è anche il luogo simbolico di una giostra interiore, in cui- come in una sorta di arca di Noé- sono rinchiuse le tragedie della cattività e del dolore ma anche quelle della gioia e della follia. In una parola il circo é anche l´esperienza derealizzante di una vita nomade practica in epoca globale, la sopravvivenza di un rito specializzazioni e mestieri in via di estinzione, il ricettacolo dell´umanità derelitta e spiazziante die fenomeni da baraccone ma anche l´atroce tenerezza di un animale in gabbia o la bravura di un trapezista che rende facile ai nostri occhi l´esperienza del volo, come un baletto dell´anima sospesa nell´incredulitá stupita degli occhi di un bambino. Cosi i suoi acquerelli si sono sciolti, fino a strabordardare – dalle piccole cartoline che prediligeva precedentemente per i suoi bozzetti di scena – in veri e propri arazzi grandi quasi quanto gli animali veri. Come ad identificare una sorta di misura del respiro del gesto che sequita la mole esotica di un elefante o uno gnu. Nasce cosi il bestiario fantastico delle sue plaquette illustrate, autoprodotte in piccoli formati che si aprono a fisharmonica. Le collaborazioni a molti libri per l´infanzia poi, arricchiscono questa vena ludico-fiabesca, che ha sciolto la sua mano in una esplosione di colori dai toni caldi e sfumati, cui sono assenti le forze giustapposte e contrastive die primi lavori. Anche la scelta die soggetti – dall´infinitamente grande all´infinitamente piccolo-, mette in luce un punto di vista alternativo, capace di rendere profondamente poetica anche la vita muta di un insetto.
Alla fiera della vita:
natura e cultura nelle giostra segniche di Anija Seedler
Ho conosciuto il lavoro di Anija Seedler da una posizione privilegiata, durante il periodo del suo studio in Italia al teatro comunale di Bologna, ormai circa 10 anni fa. Una giovane e brillante artista di Dresda, che aveva vinto una borsa di studio come assistente costumista. Ho anche avuto il piacere di vederla lavorare, una delle prime esperienze artistiche concrete della mia vita. Costruiva, in quel periodo, vestiti per uno spettacolo di teatro di ricerca, lavorando fili di ferro e materiali da ferramenta, scolpendo vere e proprie scenografie che si aprivano come quinte attorno al corpo degli attori. La predilezione per il bianco e nero e una raffinata tensione verso le forme schematico-geometriche, tradiva subito l´influenza del cubismo, delle prime avanguardie russe, ma sopratutto della bauhaus. L´interesse per la trattazione delle forme volumetriche del corpo aveva gia incrociato la frammentazione die passi coreografici della danza e della performance mimica. Questi abiti dovevano seguire tale tensione strutturale, evidenziando una tempistica meccanico-estetica tipica del discorso dell´avantgardia. Un plusvalore di bellezza che rendeva il contraltare della rigiditá e dell´alienazione contemporanea.Ciononostante giá in questi lavori era forte – poiché Anija interveniva anche fotografando o facendo schizzi di acquerello e china delle messe in scene e die balletti – il senso di una radice ulteriore, meno futuristica e piu ancestrale, che troveva una spiegazione simbolica nella reiterazione die movimenti e nella disposizione die corpi: una metafora favolistica giá strutturata, in cui si mescolavano Alice nel paese delle meraviglie, i fratelli Grimm e l´influsso surrealista di certe ambientazioni perturbanti. I materiali poveri o di recupero erano la base fondante di un lavoro di riappropriazione degli scarti sociali, cosi come la scelta politica di lavorare sulle marginalitá, nelle fiere e nei festival die buskers cui prendeva parte in giro per l´europa con il suo compagno, esperto giocoliere. Dopo dieci anni e due figli, il suo lavoro ha preso una direzione sospesa e lirica. Abbandonate le linee spezzate delle pose e la declinazione da fantascienza barocca delle sue prime prove costumistiche, ha coltivato la linea delicata dell´illustrazione per l´infanzia, facendo tesoro della sua passione per le coreografie e per il circo. Il circo come metafora della vita è anche il luogo simbolico di una giostra interiore, in cui- come in una sorta di arca di Noé- sono rinchiuse le tragedie della cattività e del dolore ma anche quelle della gioia e della follia. In una parola il circo é anche l´esperienza derealizzante di una vita nomade practica in epoca globale, la sopravvivenza di un rito specializzazioni e mestieri in via di estinzione, il ricettacolo dell´umanità derelitta e spiazziante die fenomeni da baraccone ma anche l´atroce tenerezza di un animale in gabbia o la bravura di un trapezista che rende facile ai nostri occhi l´esperienza del volo, come un baletto dell´anima sospesa nell´incredulitá stupita degli occhi di un bambino. Cosi i suoi acquerelli si sono sciolti, fino a strabordardare – dalle piccole cartoline che prediligeva precedentemente per i suoi bozzetti di scena – in veri e propri arazzi grandi quasi quanto gli animali veri. Come ad identificare una sorta di misura del respiro del gesto che sequita la mole esotica di un elefante o uno gnu. Nasce cosi il bestiario fantastico delle sue plaquette illustrate, autoprodotte in piccoli formati che si aprono a fisharmonica. Le collaborazioni a molti libri per l´infanzia poi, arricchiscono questa vena ludico-fiabesca, che ha sciolto la sua mano in una esplosione di colori dai toni caldi e sfumati, cui sono assenti le forze giustapposte e contrastive die primi lavori. Anche la scelta die soggetti – dall´infinitamente grande all´infinitamente piccolo-, mette in luce un punto di vista alternativo, capace di rendere profondamente poetica anche la vita muta di un insetto.
At the fair of life:
nature and culture in Anija Seedler’s sign carousel
I got to know Anija Seedler’s work from a privileged position, during the period of her study in Italy at the Teatro Comunale in Bologna, now about 10 years ago. A brilliant young artist from Dresden, who had won a scholarship as an assistant costume designer. I also had the pleasure of seeing her work, one of the first concrete artistic experiences of my life. In that period, she built clothes for a research theater show, working with wire and hardware materials, sculpting actual sets that opened like wings around the actors’ bodies. The predilection for black and white and a refined tension towards schematic-geometric forms immediately betrayed the influence of Cubism, of the first Russian avant-garde, but above all of the Bauhaus. Her interest in the treatment of the volumetric forms of the body had already crossed the fragmentation of choreographic steps of dance and mime performance. These clothes had to follow this structural tension, highlighting a mechanical-aesthetic timing typical of the avant-garde discourse. An added value of beauty that provided the counterbalance to contemporary rigidity and alienation. Nonetheless, already in these works there was a strong sense of a further root – since Anija also intervened by photographing or making watercolor and ink sketches of the stage sets and ballets. , less futuristic and more ancestral, which found a symbolic explanation in the reiteration of movements and the disposition of bodies: an already structured fairy-tale metaphor, in which Alice in Wonderland, the Brothers Grimm and the surrealist influence of certain disturbing settings were mixed. The poor or recycled materials were the founding basis of a work of reappropriation of social waste, as well as the political choice to work on marginalities, in the buskers’ fairs and festivals in which she took part around Europe with her partner , expert juggler. After ten years and two children, her work has taken a suspended and lyrical direction. Having abandoned the broken lines of the poses and the baroque science fiction declination of her first costume tests, she cultivated the delicate line of illustration for her childhood, taking advantage of her passion for choreography and the circus. The circus as a metaphor for life is also the symbolic place of an internal carousel, in which – as in a sort of Noah’s ark – the tragedies of captivity and pain but also those of joy and madness are locked up. In a word, the circus is also the derealizing experience of a practical nomadic life in the global era, the survival of a rite of specializations and professions in danger of extinction, the receptacle of the derelict and disorientating humanity of freak shows but also the atrocious tenderness of a caged animal or the skill of a trapeze artist who makes the experience of flight easy for our eyes, like a ballet of the soul suspended in the amazed disbelief of a child’s eyes. Thus her watercolors dissolved, to the point of overflowing – from the small postcards that she previously favored for her scene sketches – into real tapestries almost as large as real animals. As if to identify a sort of measurement of the breathing of the gesture that follows the exotic size of an elephant or a wildebeest. Thus was born the fantastic bestiary of her illustrated plaquettes, self-produced in small formats that open like a accordion. Her collaborations on many children’s books then enrich this playful-fairytale vein, which has loosened her hand in an explosion of colors with warm and nuanced tones, which are absent from the juxtaposed and contrastive forces of her first works. Even the choice of subjects – from the infinitely large to the infinitely small – highlights an alternative point of view, capable of making even the silent life of an insect profoundly poetic.
If you are interested in this artwork, please send an email to info@anija-seedler.de